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L’ACCETTAZIONE PASSIVA DELLA VIOLENZA NEL MONDO GIOVANILE

 


Negli ultimi anni, si è osservato un cambiamento preoccupante nel comportamento di molti giovani, segnato da una crescente accettazione passiva della violenza come parte del linguaggio quotidiano. 

Fenomeni che un tempo erano considerati estremi e marginali sembrano oggi essere percepiti con meno indignazione e grande indifferenza, come se fossero elementi naturali del contesto sociale in cui i giovani crescono. Il calo dei freni inibitori, in questo senso, rappresenta un segnale allarmante: una perdita di quelle barriere psicologiche e sociali che tradizionalmente frenano gli istinti aggressivi e canalizzano le emozioni in modo costruttivo.


La normalizzazione della violenza tra i giovani

La violenza, intesa non solo come aggressione fisica ma anche come violenza verbale, psicologica e simbolica, è sempre più presente nelle interazioni quotidiane tra i giovani. Gli insulti, le minacce e i comportamenti aggressivi vengono spesso giustificati o minimizzati, sia nei gruppi di pari sia online. La facilità con cui episodi di bullismo o cyberbullismo vengono ignorati o accettati riflette un pericoloso abbassamento della soglia di tolleranza verso la violenza, che passa dall’essere un evento straordinario a diventare parte di una “normalità” condivisa.
Questa tendenza si inserisce in un contesto più ampio, caratterizzato da una continua esposizione a contenuti violenti nei media, nei videogiochi e nei social network, dove i modelli di comportamento aggressivo vengono frequentemente glorificati. 

A complicare ulteriormente il quadro, la pandemia e l’isolamento sociale hanno accentuato la frustrazione, l’ansia e la rabbia tra i giovani, rendendoli più vulnerabili a dinamiche di violenza e alla difficoltà di gestire emozioni complesse.


L’accettazione passiva della violenza

L’accettazione passiva della violenza come linguaggio condiviso si manifesta quando i giovani, esposti a modelli di comportamento aggressivo, iniziano a considerarli normali, o peggio, inevitabili. In questo senso, la violenza diventa uno strumento per comunicare e affermare la propria identità in un contesto sociale sempre più competitivo e stressante. La pressione per conformarsi a determinati modelli di comportamento, spesso imposti dai social media o dai gruppi di amici, contribuisce a creare un ambiente in cui la violenza viene legittimata come risposta naturale alla frustrazione o alla mancanza di controllo.

In questo panorama, i freni inibitori (quelle barriere psicologiche che ci aiutano a distinguere tra ciò che è accettabile e ciò che non lo è) si indeboliscono. I giovani faticano a interiorizzare regole sociali ed etiche, lasciando spazio a comportamenti impulsivi e disinibiti che non solo danneggiano la loro crescita personale, ma creano un clima di paura e tensione nella scuola e nelle comunità.



Il ruolo della famiglia: educazione emotiva e dialogo

Di fronte a questa situazione complessa, le famiglie hanno il compito cruciale di fornire ai giovani gli strumenti necessari per riconoscere e gestire la violenza, sia quella subita sia quella agita.

L’educazione emotiva rappresenta un pilastro fondamentale per insegnare ai giovani come identificare le proprie emozioni e indirizzarle in modo costruttivo. In particolare, è importante che i genitori siano in grado di:

Riconoscere i segnali di disagio: Un calo nei freni inibitori può essere il sintomo di una difficoltà più profonda, legata a insicurezze, ansie o traumi non risolti. Prestare attenzione ai cambiamenti comportamentali dei figli è essenziale per intervenire tempestivamente.

Promuovere il dialogo aperto: Spesso i giovani non si sentono a proprio agio nel parlare di situazioni di violenza o di bullismo, temendo di essere giudicati o fraintesi. Le famiglie devono creare uno spazio di dialogo privo di giudizi, dove i ragazzi possano esprimere liberamente le proprie emozioni e paure.


Offrire modelli positivi: I genitori devono rappresentare un esempio di gestione sana delle emozioni, mostrando che esistono alternative alla violenza per risolvere i conflitti e affrontare le difficoltà.




I compiti della scuola: prevenzione e intervento

La scuola, essendo uno dei principali luoghi di socializzazione per i giovani, gioca un ruolo centrale nella prevenzione della violenza e nella promozione di un ambiente sicuro e inclusivo. Per avere davvero efficacia, l’intervento scolastico deve essere integrato e sistemico, coinvolgendo studenti, insegnanti e famiglie. Alcune strategie efficaci includono:

Programmi di educazione socio-emotiva: Insegnare ai giovani a riconoscere e gestire le proprie emozioni, a sviluppare empatia e a risolvere i conflitti in modo pacifico è fondamentale. Programmi strutturati di educazione emotiva possono aiutare a costruire una cultura del rispetto e della tolleranza, riducendo le dinamiche di violenza.

Formazione del personale scolastico: Gli insegnanti devono essere preparati a riconoscere i segnali di disagio e violenza tra gli studenti e a intervenire in modo tempestivo ed efficace. Corsi di formazione specifici possono offrire agli educatori gli strumenti necessari per affrontare situazioni critiche e per creare un ambiente scolastico più sicuro.


Collaborazione con i servizi territoriali: La scuola non può agire da sola. È necessario un dialogo costante con i servizi sociali, psicologi e altre figure professionali in grado di offrire supporto sia agli studenti sia alle loro famiglie in caso di situazioni particolarmente complesse.


Il calo dei freni inibitori e l’accettazione passiva della violenza nel mondo giovanile rappresentano una sfida urgente per le famiglie e la scuola. Con un intervento educativo mirato e collaborativo, è possibile arginare questa tendenza e fornire ai giovani gli strumenti per gestire le proprie emozioni in modo positivo e costruttivo. Solo attraverso un impegno congiunto, che coinvolga l’intera comunità educativa, sarà possibile ripristinare quei valori di rispetto e dialogo che sono alla base di una convivenza pacifica e civile.




Un saluto dal vostro prof. Maurizio Ricci 

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