Ciao cari lettori
Il poeta Catullo (poeta romano del I secolo a.C.), trasportato nel tempo ai nostri giorni se avesse potuto scrivere canzoni alla sua amata penso avrebbe scelto queste musiche...
Una provocazione!
Come avete capito.
Scusate per la pronuncia della lingua latina, che nelle canzoni di sicuro gli ascoltatori dotti di questa lingua immortale troveranno poco corretta, possiamo definirla licenza poetica?
Il testo della poesia è inserito dopo gli ascolti in modo che possiate seguire il brano.
Brano n.1
Genere moderno
Brano n.2
genere classico lirico
Testo originale in Latino e traduzione in italiano.
Vivamus mea Lesbia, atque amemus,
rumoresque senum seueriorum
omnes unius aestimemus assis!
Soles occidere et redire possunt:
nobis cum semel occidit breuis lux,
nox est perpetua una dormienda.
Da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum.
Dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus illa, ne sciamus,
aut ne quis malus inuidere possit,
cum tantum sciat esse basiorum.
Catullo
Godiamoci la vita mia Lesbia, l’amore
E il brusio dei vecchi inaspriti
Consideriamoli un soldo inutile.
I giorni che muoiono possono tornare;
ma se questa nostra breve luce muore
dobbiamo dormire un’unica notte immortale.
Dammi mille baci, e poi cento,
poi mille altri, poi ancora cento,
poi di seguito altri mille, e poi cento.
E quando alla fine saranno migliaia,
per dimenticare tutto ne confonderemo il conto,
perché nessuno possa ridurre in malefici
un così enorme numero di baci.
Catullo
Un saluto dal vostro prof. Maurizio Ricci
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