Miss Burrett era da due giorni
arrivata a Roma, quando la notizia si seppe. Non aveva affrontato tre ore di
viaggio, da Londra a Fiumicino, per andare in vacanza. Doveva infatti
concludere affari con alcuni avvocati italiani, ma avrebbe poi avuto tutto il
tempo per visitare la città.
Non era la prima volta che andava in Italia,
ma non vi era mai rimasta per più di una notte. Questa volta, invece, prenotò
visite guidate in quelli che erano i luoghi più famosi, primo fra tutti il
Colosseo.
Tuttavia, alla sera del terzo giorno, in cui era stata in Piazza San Pietro, si accorse che tutti i giornali e telegiornali parlavano di un avvenimento che aveva suscitato un enorme scalpore: l’assassinio di Adriana Rossi, prima ballerina al Teatro “La Scala” di Milano.
Pochi minuti dopo Miss Burrett riceveva la chiamata di uno degli avvocati per cui stava soggiornando a Roma, che la implorava di investigare sul caso. Ella, che non perdeva mai occasione di mettersi alla prova, accolse l’incarico e prese la notte stessa un treno per Milano.
Al suo arrivo, trovò un agente di polizia ad attenderla, che la accompagnò nella camera d’hotel che era stata prenotata per lei. La mattina dopo miss Burrett fece colazione presto, verso le 7:30 e si diresse nel luogo del delitto. Le venne spiegato che Adriana Rossi era una donna di 28 anni, molto acclamata da tutti i ballerini più famosi al mondo. Anche stilisti non perdevano mai l’occasione di costruirle abiti su misura così come tutti i brand più famosi le chiedevano di fargli pubblicità.
Tra meno di due giorni si sarebbe dovuta esibire nel celebre balletto “Lo schiaccianoci” come protagonista. Improvvisamente, però, si era sentito un urlo della giovane Sofia Delli Prosperi, compagna e amica d’infanzia della vittima, proveniente da un camerino. Sofia disse di essere andata dall'amica per chiederle di tornare a casa insieme e di averla trovata stesa a terra in una pozza di sangue.
Così miss Burrett esaminò il corpo e notò che la ragazza era sicuramente stata uccisa con un coltello mentre era voltata, poiché la ferita si trovava proprio dietro la spalla. L’investigatrice parlò con Sofia che le raccontò di quanto le due fossero estremamente legate e di quanto fosse afflitta e terrorizzata. “Ti si legge in faccia” le disse poi Miss Burrett e la salutò.
Le venne poi incontro Enrico Gravi, il giornalista che per primo aveva annunciato la notizia. Egli non esitò a chiederle dettagli, ma Miss Burrett si rivelò alquanto turbata: non le era mai piaciuto farsi intervistare dalla stampa, e aveva sempre cercato di avere quanta più privacy possibile. L’investigatrice, seguita dal giornalista che intanto aveva già dato la notizia dell’intervento della donna inglese per risolvere il caso, si diresse verso il direttore del teatro, per sapere chi fossero i principali sospetti della polizia e in generale le persone che avevano spesso avuto a che fare con la ballerina. Il giornalista finalmente si allontanò e i due poterono parlare da soli.
“Lo ammetto sono abbastanza
informato” disse il direttore “Per iniziare le è utile sapere che se lei non
fosse intervenuta sul caso Mia della Torre sarebbe già dietro le sbarre. Vede,
era chiara a tutti l’invidia di Mia nei confronti della prima ballerina. Alcuni
l’avevano anche etichettata l’eterna seconda per descriverla e ho sentito che
sarebbero pronti a giurare di averle sentito dire che avrebbe fatto qualunque
cosa pur di essere la protagonista per una volta.
Eppure, alcuni non erano
convinti di questa ipotesi, altrimenti non avrebbero chiamato lei per
investigare! Prima del suo arrivo abbiamo fatto radunare nella prima sala che
incontra alla sua destra, tutti coloro a cui la polizia ha già fatto un
interrogatorio compresi i genitori e la sorella della vittima e anche tutti gli
addetti ai costumi di scena, al trucco e parrucco e alle fotografie.”
Miss Burrett ringraziò il
direttore che, appena uscito dalla sala in cui stavano parlando, venne
accerchiato da giornalisti. Si recò nella stanza che le era stata indicata e vi
trovò una quindicina di persone. Le osservò senza parlare: alcuni si mangiavano
le unghie o sbattevano i denti, quasi ad aver paura di conoscere la verità,
altri piangevano disperati la morte della ragazza e altri ancora restavano
impassibili a fissare la donna che entrava. Quest’ultima volle parlare in particolare
con cinque persone.
Iniziò dall’ex ragazzo di
Adriana, che secondo la polizia avrebbe potuto commettere l’omicidio poiché i
due avevano avuto una brutta litigata una settimana prima e per questo si erano
lasciati. Il suo nome era Alessandro Bianconi. “Mi parli dell’ultima volta che
ha incontrato la signorina Adriana” chiese Miss Burrett.
“Non vedo perché dover ripetere
il tutto, comunque io e lei una settimana fa ci trovavamo in Piazza Duomo e
stavamo passeggiando, quando improvvisamente si ferma e mi dice di volere una
pausa dalla nostra relazione. Io ovviamente ho chiesto spiegazioni che lei si è
rifiutata di darmi. Abbiamo litigato e sono tornato a casa. Da quel momento non
ho voluto più vederla”.
“Grazie può andare.” Fece
l’investigatrice. Poi parlò con i genitori e con la sorella della vittima che
si dimostrarono chiaramente addoloratissimi per l’accaduto e riuscirono a
balbettare solamente che Adriana si recava ogni mercoledì giovedì e venerdì a
teatro e durante gli altri giorni restava a casa a studiare, ma non gli
raccontava nulla della sua vita privata.
Allora Miss Burrett chiese di
vedere Mia della Torre. La ragazza si avvicinò ed era visibilmente spaventata.
Miss Burrett le chiese cosa stava facendo mentre era avvenuto il delitto e lei
rispose:
“Ero a teatro e stavo
ripassando la coreografia da sola nella seconda sala a partire da sinistra.
Dovevo studiare meglio il mio assolo, ecco perché non c’era nessuno con me e mi
ero trattenuta in teatro più del solito senza accorgermene. Di solito vado via
verso le 19:00, ma quel giorno mentre provavo le ultime cose mi accorsi che
erano già le 20:00. Ero certa di non essere rimasta chiusa in teatro a
quell’ora perché sapevo che Adriana e Sofia rimanevano sempre fino alle 20:30.
Così entrai nel mio spogliatoio, radunai le mie cose e tornai a casa a piedi”.
Il racconto della ragazza sembrava filare agli occhi di Miss Burrett che escludeva potesse essere lei l’assassina. Era troppo piccola e debole e non avrebbe mai potuto avere la forza necessaria per sferrare quel colpo mortale. Nonostante ciò tutti gli indizi avevano a che fare con lei: era stata l’ultima a lasciare il teatro ed era anche stata vista da un gruppo di giornalisti che si trovava lì davanti alle 20:30.
Il delitto, a detta del medico
era stato compiuto intorno alle 20:15, poiché dalle 20:45, orario in cui Sofia
aveva trovato il cadavere era passata massimo mezz’ora. Inoltre, Mia avrebbe
avuto più di una ragione per uccidere la compagna e il medico sosteneva che una
scarica di adrenalina le avrebbe potuto dare la forza per pugnalarla. Miss
Burrett allora capì perché era stata chiamata a investigare su un caso che per
la polizia poteva considerarsi risolto: l’avvocato che l’aveva implorata di
presentarsi era il padre di Mia, la principale sospettata.
Come aveva fatto a non
collegare subito il cognome!
Egli, credendo all’innocenza
della figlia aveva riposto in Miss Burrett l’ultima possibilità di salvarla da
una condanna.
L’investigatrice parlò ancora con il costumista Alberto Fazzini, che diceva di essere stato con la vittima fino alle 19:00 e anche lui aveva notati che la signorina Mia della Torre era ancora in teatro a quell'ora. Tutte le prove sembravano incriminarla, ma Miss Burrett vedeva nei suoi occhi sincerità e sapeva di non sbagliarsi: lei su queste cose non sbagliava mai.
Allora si
sedette su una poltrona nella sala principale e riflettè: faceva sempre così
per risolvere i casi: si sedeva e rifletteva. E puntualmente un ultimo indizio
che ricollegava tutta la vicenda le passava davanti agli occhi, bastava solo
saperlo cogliere.
E la stessa
cosa avviene quel giorno: fissò un pezzetto di giornale: chissà come si faceva
a diventare giornalisti di successo e quanto venivano pagati i giornalisti per
svolgere il loro lavoro. Dopo alcune ricerche si rese conto che l’uomo che
scriveva le ultime novità del caso aveva incassato moltissima fama.
Arrivò anche
al fatto che quel giornalista si trovava sempre nel posto giusto al momento
giusto e che aveva diffuso la notizia già la sera stessa del delitto, verso le
21:30. Ciò non sarebbe stato possibile perché il direttore del teatro, da come
aveva potuto ben notare, amava la riservatezza e odiava essere circondato da
giornalisti e ci avrebbe pensato più volte prima di rendere il suo teatro il
centro di un avvenimento che avrebbe suscitato così tanto scalpore.
L’unica soluzione possibile era che Enrico
Gravi avesse compiuto lui stesso l’omicidio. La teoria era confermata anche
dalla testimonianza di Mia, che aveva visto giornalisti fuori il teatro mentre
tornava a casa.
Attendo vostri graditi commenti e richieste.
Continuate a leggere i miei racconti.
Un saluto a tutti i lettori da Blabla
Blabla sei davvero forte finalmente una grande investigatrice che riesce a fare indagini degne di uomini investigatori noiosi e prevedibili.
RispondiEliminaSara... una tua lettrice