LA SCUOLA DOVE SI STA DIRIGENDO...



Ciao cari lettori 
Ho provato a fare un ragionamento silenzioso, condivido con voi il risultato:


Mi immagino di trovarmi in una stanza piena di genitori, tutti con la stessa domanda negli occhi:

“Che futuro aspetta i nostri figli a scuola?”. 

Dall’esterno, tutto sembra brillare: dichiarazioni altisonanti, promesse di innovazione, discorsi che dipingono un’istruzione all’avanguardia, pronta a preparare i ragazzi per un mondo che cambia. 

Le parole sono belle, luccicanti come una vetrina ben allestita. 
Ma poi, quando si prova a guardare oltre il vetro, ci si accorge che dietro c’è poco di concreto: qualche intervento qua e là, qualche proposta che sembra più un cerotto su una ferita profonda che una vera cura. 

E allora, come si fa a non sentirsi disorientati?

Partiamo da un punto fermo: la scuola è un pilastro, un luogo dove si costruisce il domani. 
Eppure, negli ultimi tempi, sembra che il messaggio ufficiale sia scollegato dalla realtà che viviamo ogni giorno. 

Si parla di “futuro brillante”, di tecnologia, di competenze del XXI secolo, ma poi, nella pratica, i segnali di cambiamento sono flebili. 
Le aule sono spesso le stesse di vent’anni fa, con qualche intervento di facciata, i programmi arrancano a stare al passo coi tempi, e gli insegnanti – che sono il cuore del sistema – sono lasciati a gestire una nave con strumenti non sempre adatti, mentre si chiede loro di navigare in mari inesplorati. 

Le “proposte simili a rattoppi”, quelle sì, abbondano: un progetto pilota qui, un corso extra là, proposte spot molto enfatizzate. Ma sono interventi che non si collegano tra loro, non costruiscono una visione coerente. È come se si stesse decorando una casa piena di crepe senza mai riparare le fondamenta.


E qui sta il groviglio: da fuori, tutto questo può sembrare una meraviglia. Le parole dei comunicati stampa, i titoli sui giornali, le foto di eventi ben riusciti danno l’impressione che la scuola stia correndo verso il futuro. 

Ma per chi la vive – genitori, studenti, insegnanti – la sensazione è diversa. 

È un po’ come guardare un film con una colonna sonora epica, ma accorgersi che le scene sono ferme, ripetitive. Le ricadute positive, quelle che vorremmo vedere – ragazzi sempre più preparati, più curiosi, più attrezzati ad affrontare un mondo complesso – tardano ad arrivare. 

E allora ci si chiede: stiamo davvero costruendo qualcosa di solido, o stiamo solo lucidando la superficie?


Proviamo a fare un esempio pratico per i genitori. Pensate a una famiglia che decide di ristrutturare casa: si spendono soldi per dipingere le pareti di un colore alla moda, ma il tetto continua a perdere. La casa sembra bella nelle foto, ma chi ci vive sa che il problema vero non è stato risolto. 

Ecco, la scuola oggi rischia di essere così: si investe in apparenza, in progetti che fanno rumore, ma le questioni di fondo – come il modo in cui si insegna, le risorse per gli insegnanti, l’adeguamento dei programmi – restano lì, irrisolte. 
E questo crea confusione: da un lato ci dicono “guardate che meraviglia”, dall’altro si vedono studenti  tornare a casa con gli stessi libri, le stesse incertezze, e un sistema che sembra più occupato a giustificarsi che a cambiare davvero.


Cosa si ottiene in definitiva? 
Poco, se continuiamo così. 

Le toppe non reggono a lungo: un progetto che finisce dopo un anno, un’iniziativa che si esaurisce coi fondi, un’idea brillante che non arriva mai a tutti. 
E il rischio è che questa confusione si trasformi in sfiducia. 

I genitori potrebbero smettere di credere alle promesse, gli studenti potrebbero perdere entusiasmo, e gli insegnanti – già sotto pressione – potrebbero sentirsi ancora più soli. 

Eppure, non è tutto perduto. 
Se c’è una cosa che possiamo fare, è smettere di accontentarci delle belle parole e iniziare a chiedere chiarezza: 

- Come sono strutturati i piani a lungo termine? 
- Come si misurano i risultati? 
- Come condividere l'impiego delle risorse? 

Perché un futuro brillante non può essere solo uno slogan: deve essere un impegno concreto, visibile, condiviso.


 Un saluto dal vostro prof. Maurizio Ricci 


Commenti