Ciao cari lettori
Paolo Borsellino e una data 19 Luglio 1992.
Questo è il racconto in Musica
PAOLO BORSELLINO
E LA SUA SCORTA
Palermo.
Mezzogiorno soffocato dal sole d’estate.
Un’auto bianca si ferma davanti al numero 21.
Paolo Borsellino scende, la cartella di cuoio stretta al fianco.
Dietro di lui, gli uomini della scorta:
occhi vigili, mani pronte, respiri sincronizzati all’ansia.
Il silenzio è un vetro sottile, in attesa di frantumarsi.
L’asfalto brucia.
Un ficus piange ombre inerti sul marciapiede.
Nessuno sospetta che la morte sia nascosta dentro una Fiat 126 impolverata, parcheggiata come un’offesa.
Cento chili di tritolo e ferraglia,
un boato che squarcia il tempo.
Il mondo diventa bianco, poi nero.
Un fungo di fumo sale verso un cielo troppo azzurro.
Vetri esplosi in mille stelle ferite,
muri che gridano a squarciagola.
L’odore di zolfo e sangue si mescola all’oleandro.
Borsellino, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina,
Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina —
nomi inghiottiti dal caos.
Le sirene ululano troppo tardi.
Frammenti di vita giacciono sull’asfalto: una scarpa, un distintivo, pagine del diario di Paolo sparse al vento.
Un orologio fermo alle sedici e cinquantotto .
Nella casa della madre di Emanuela, il telefono squilla nel vuoto.
La città trattiene il fiato.
Fiori appassiscono ai cancelli,candele struggono cera come lacrime muti.
Quel ficus sopravvissuto guarda le cicatrici sul cemento.
Ogni anno, a luglio, le radici ricordano: qui la terra sa ancora di polvere e giustizia tradita.
Ora solo domande senza risposta
echeggiano tra i palazzi sordi:
Perché l’auto blindata non arrivò mai?
Chi cancellò gli appunti sul suo taccuino?
Le pietre di Via D’Amelio serbano segreti che il vento non riesce a portare via.
I vostri nomi sono scolpiti nel vento, ma il vostro silenzio è un tuono
che batte ancora sul cuore di questa terra.
Finché l’ultima verrà alla luce,
noi resteremo qui, nell’ombra del ficus, ad aspettare che l’alba sia più che un miraggio.
Bravissimo
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