UN GRIDO DI ALLARME! - La Musica a Scuola: Bisogni Reali e Propaganda.

 


Ciao cari lettori

Ritengo che la lettura di questo articolo possa chiarire anche ai 'non musicisti' il futuro che attende la disciplina musicale in base alle nuove disposizioni della riforma scolastica.

 

UN GRIDO DI ALLARME!  


La Musica a Scuola: Bisogni Reali e Propaganda.

La musica è diventa un’arma a doppio taglio, ci sono voluti decenni di battaglie per inserire l’educazione musicale nel cuore della didattica, oggi ci troviamo di fronte a vero e proprio paradosso: proposte legislative che, dietro l’etichetta di “valorizzazione”, rischiano di svuotare il senso stesso della disciplina.

La musica, che con grande impegno i docenti hanno trasformato in strumento di inclusione e crescita critica, rischia di trasformarsi in un vuoto spazio dedicato a pochi eletti, privo di radici pedagogiche.

È tempo di denunciare questa deriva e riaffermare ciò che serve davvero alle nostre scuole.

 

La musica richiede un’accurata preparazione dei docenti, servono educatori specializzati, formati su metodologie attive come l’Orff-Schulwerk o il metodo Goitre, che sappiano coniugare teoria e pratica creativa. Un positivo esempio è il recente Master in Didattica Musicale (1500 ore, 60 CFU) che rappresenta un passo avanti, ma deve diventare obbligatorio, non un optional per pochi. Senza docenti qualificati, si ripropone il dilettantismo che ha già fallito negli anni ’90. 

La Musica è di Tutti, non appartiene ai come prerogativa ai ‘talentuosi’, deve essere uno strumento di integrazione, non un privilegio per chi può permettersi lezioni private o strumenti costosi. Il Bonus Musica 2025 (detrazione del 19% fino a 1.000€) è utile, ma non risolve la maggior parte dei veri problemi. 


- Servono “Curricoli Pluralisti” da affiancare alla Musica Classica, la proposta di Uto Ughi di focalizzarsi sulla tradizione classica, seppur nobile, ignora il patrimonio sonoro dei giovani: rap, pop, elettronica. La musica è un linguaggio vivo: ridurla a un canone storico significa alienare gli studenti, come già accaduto con la riforma Gentile nel 1923. Servono programmi che integrino generi diversi, legati al territorio e alla contemporaneità . 

 

- Servono “Infrastrutture e Risorse” non solo “Buone Intenzioni”, Il 70% delle scuole italiane non dispone di laboratori musicali attrezzati. La Legge 440 del 1997, che prevedeva 5.000 laboratori, fu bloccata dalla controriforma Moratti, e oggi si replica lo stesso errore: la riforma Valditara promuove collaborazioni con enti culturali, ma senza fondi strutturali. 

Prendendo come esempio la Lombardia, 59 realtà educative hanno dimostrato che la collaborazione tra scuole, associazioni (come Mondomusica o Ottava Nota) e istituzioni (Fondazione Cariplo) crea ‘ecosistemi virtuosi’. Servono modelli simili a livello nazionale, non iniziative spot come i concerti itineranti di Uto Ughi, che, seppur lodevoli, sono effimeri senza continuità. 

In questo periodo ci stiamo muovendo tra “Propaganda e Regressione”, questa rivalutazione esasperata della musica classica e i protocolli con fondazioni d’élite rischiano di trasformare la disciplina in un “marchio” culturale per pochi, escludendo chi non si riconosce in quel canone.

Come denunciato da Massimo Cacciari, questa visione ignora la “pluralità delle identità musicali giovanili”. 

Un ritorno alla “Didattica Passiva” al “Solfeggio Senza Anima”, reintrodurre lo studio delle partiture senza metodologie attive (body percussion, improvvisazione) significa riportare la musica a una materia nozionistica.

È l’antitesi di quanto sostenuto da Luigi Berlinguer, che negli anni ’90 promosse laboratori pratici. 

L’obiettivo di formare “ascoltatori critici” attraverso lezioni frontali su Beethoven rischia di essere controproducente. Senza esperienze dirette (coro, strumenti, composizione), la musica diventa un dovere, non una passione. Lo dimostra il calo delle iscrizioni ai licei musicali dopo riforme simili. 

 

Ci sono Soluzioni Possibili?

Vi propongo una serie di strade percorribili che sono ricche di elementi concreti:

 

“Un Manifesto Pedagogico”

 

Piano Nazionale per l’Educazione Musicale

Coordinare scuole, AFAM e enti locali, con fondi vincolati per laboratori e formazione docente. Seguire l’esempio milanese di reti territoriali. 


Educazione Musicale Trasversale 

Integrare la musica con storia, letteratura e scienze, come proposto da Uto Ughi, ma senza ridurla a ancella della cultura classica, questo significa usare la musica per spiegare la matematica delle frequenze o la fisica del suono. 

 

Valutare le Competenze, Non la Tecnica 

 Introdurre criteri che premiano creatività, collaborazione e interpretazione personale, abbandonando i test standardizzati. 

 

Finanziamenti Mirati alle Periferie 

Destinare il 30% del Bonus Musica 2025 alle scuole di aree svantaggiate, abbattendo i requisiti ISEE e sostenendo progetti di inclusione . 

 

Residenze Artistiche Permanenti 

Portare musicisti nelle scuole non come ospiti occasionali, ma come figure stabili, coinvolte nella progettazione didattica. Esempio: il Centro “Maurizio di Benedetto” a Lecco. 

 

Non Possiamo Permetterci un Altro Fallimento! 

La musica a scuola non è un optional, né uno strumento di propaganda. È un diritto costituzionale negato, una leva per l’emancipazione.

Come scriveva Kodály: “La musica è un nutrimento essenziale per l’anima”.

Se continueremo a preferire i proclami agli investimenti, le passerelle alle reti, i programmi elitari ai curricoli inclusivi, tradiremo non solo la pedagogia, ma le stesse generazioni che diciamo di voler formare.

La posta in gioco è troppo alta per restare in silenzio. 


Un saluto dal vostro prof. Maurizio Ricci


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